Una trasmissione di Radio 24, questa mattina, mi ha fatto tornare alla mente l’urgenza della questione Giustizia. Nessuna persona in buona fede può negare che il problema esista. Ma forse bisognerà aspettare la morte di Berlusconi per sperare che in Italia possa essere superato quell’argine che – al di là del tifo di ciascuno – impedisce alla politica (e alla popolazione) di discutere serenamente del problema. Tutelando di fatto gli interessi di alcune lobby.
La giustizia civile e penale ha tempi lunghissimi. Talvolta biblici. E ciò incide tragicamente sulla vita di migliaia di persone, che vengono riconosciute innocenti soltanto dopo anni di carcere e di privazioni. Ma gli effetti si vedono anche sull’economia nazionale, questione non secondaria in tempi di crisi.
Oggi per un’azienda è troppo facile non pagare i fornitori aspettando – comodamente – che questi facciano causa. Tanto, nella peggiore delle ipotesi, il pagamento di quanto dovuto verrà posticipato di anni e le spese legali – a saldo – potrebbero addirittura essere inferiori agli interessi di un prestito. Quanto incide questo sul sistema? E perché una grande multinazionale dovrebbe pensare di trasferirsi in uno Stato in cui – accanto a una burocrazia straziante e a leggi che cambiano alla velocità dei mariti di Liz Taylor – la giustizia è infinita?
Ma il fattore B e il peso di una Giustizia inefficiente condizionano anche il mondo del giornalismo. Un tempo uno dei parametri attraverso cui si valutava la qualità di un cronista era il numero delle cause subite (e possibilmente vinte). Medaglie. Mentre nel 2013 la regola delle redazioni è l’esatto contrario, perché il direttore chiede meno “rotture di coglioni” possibile. Per non parlare dei temerari (come i freelance) che operano senza la copertura legale di un’azienda editoriale.
Quante volte le cause vengono minacciate o condotte pretestuosamente da chi gode di ampie possibilità economiche solo per spaventare il “povero” giornalista in forma preventiva? Troppo spesso. Ecco perché la questione di una Giustizia veloce ed efficace interessa anche la nostra categoria. Ed ecco perché i giornalisti italiani dovrebbero essere compatti nel chiedere che le liti temerarie vengano sanzionate e scoraggiate dalla giustizia. A quando il primo passo?