I social media sono terreno per pionieri. E di certezze granitiche ne esistono ben poche, tanto più se di mezzo c’è la questione della privacy rapportata con il diritto di cronaca dei giornali. E’ di questi giorni la pubblicazione su un quotidiano locale di Brescia di alcuni commenti di utenti – nell’articolo venivano portati testi integrali, ma anche nomi e cognomi – che lamentavano la morte per tumore di parenti mettendola in relazione all’inquinamento prodotto da una nota azienda locale. Gli interessati – posso capirlo – non l’hanno presa bene. E non si tratta di un caso isolato. Perché sulla questione, in Rete, c’è molta confusione.
A questo link trovate la risposta del quotidiano in questione, che a mio avviso si giustifica con un ragionamento giusto. Innanzitutto si sottolinea che all’utente citato – non minorenne, fatto determinante – non è stato arrecato alcun danno (“resta difficile da comprendere come il suo commento sul caso possa essere irrispettoso nei confronti dei defunti e possa aver provocato ripercussioni emotive su tutta la sua famiglia solo nel momento in cui è stato ripreso dal giornale e non quando è stato postato su Facebook”), circostanza che pure potrebbe essere ininfluente nel caso di esercizio del diritto di cronaca. Ma soprattutto si evidenzia giustamente che la bacheca dell’utente citato era aperta a tutti. E dunque chiunque poteva leggerne – e pubblicarne, come si può desumere, per estensione, da questo parere del Garante della privacy – gli aggiornamenti.
Meno condivisibile, a mio avviso, è l’affermazione che Facebook è “bacheca pubblica per eccellenza”, anche perché esistono diverse opzioni che permettono di restringere di molto le maglie della privacy per il proprio profilo (diverso è se si pubblica su una pagina, su un altro account o su un gruppo). Ma la questione si sposta di poco. Se tra gli amici si ha un giornalista, infatti, lo si sta esplicitamente autorizzando a leggerli. E in qualsiasi caso esiste il diritto di cronaca. Semmai, a tal proposito, nella replica del quotidiano manca l’affermazione della rilevanza pubblica della notizia, che in questo caso – secondo me – c’è.
Dunque? Dunque io nomi e cognomi probabilmente non li avrei riportati per intero. Ma è questione di sensibilità personale. E, ritengo, non di legge. In qualsiasi caso ricordo a tutti miei “25 lettori” di tenere ben presente che le proprie attività sui social sono pubbliche (per le foto vi rimando a questo approfondito vademecum), almeno quanto lo è qualsiasi informazione che sanno almeno tre persone. E se volete capirne di più su questo mondo leggetevi l’opuscoletto “di autodifesa” del Garante.