Leggo che la Regione Abruzzo ha nominato capo ufficio stampa un dirigente non iscritto all’Ordine dei giornalisti nonostante la legge 150 del 2000 prescriva esattamente il contrario. Peccato che non siano previste sanzioni. Tutto normale in un Paese anormale, in cui perfino le pubbliche amministrazioni possono non rispettare la legge.
Ma a quel dirigente, oggi, basterebbe scrivere poche decine di articoli per il giornale della parrocchia (oppure per rivista della Regione Abruzzo, magari correggendosi le bozze da solo) per chiedere l’iscrizione all’albo dei Pubblicisti e risolvere il problema a monte. Perché in Italia anche un avvocato, un medico o un dirigente che scrive un articolo ogni tanto ha diritto a diventare giornalista. E di essere considerato alla pari di chi il giornalista lo fa di mestiere. Assurdo.
C’è però una questione ulteriore che vorrei porre. Possiamo continuare a trattare allo stesso modo chi da sempre lavora nel mondo dell’informazione e chi da una vita sta dall’altra parte, occupandosi soltanto di uffici stampa? Per l’uno e per l’altro come verità, pertinenza e continenza non hanno certo lo stesso significato.